L’etica nei conflitti - Alfredo Bosco
Come un reporter nel proprio lavoro deve gestire sia la sua sicurezza sia i rapporti con chi è coinvolto nei conflitti che lui segue: le vittime, chi combatte e le forze politiche con cui bisogna confrontarsi per ottenere i permessi necessari. Sia nel mio lavoro a lungo termine nel Donbass sia in quello di Guerrero ho dovuto fare molta attenzione a non cadere nella propaganda di chi mi esponeva la situazione, e spesso capita di domandarsi se fotografare determinate cose sia lecito o no. Il fotogiornalismo comporta necessariamente un’etica del lavoro, ma è personale o dovrebbe essere uno standard applicato da tutti?

Alfredo Bosco nasce a San Miniato (PI) nel 1987.
Dopo essersi diplomato alla scuola di fotografia John Kaverdash di Milano, segue un workshop a Cesuralab sotto la guida di Alex Majoli. Inizia a lavorare come fotoreporter nel 2010, documentando il terremoto di Haiti e la giovane generazione di Tashkent, lavoro che gli vince la menzione speciale del premio FNAC.
Dal 2011 al 2014 lavora per l’agenzia fotografica di Stefano Guindani, documentando nel frattempo le attività ad Haiti della ONLUS Francesca Rava e la campagna elettorale del PD di Matteo Renzi.
Nel 2014 inizia un reportage di quattro anni sulla guerra civile in Donbass, nell’Ucraina dell’est.
Nel 2015 viene selezionato da Lensculture tra i primi 50 talenti emergenti nel mondo della fotografia.
Svolge diversi reportage in paesi dell’ex Unione Sovietica, tra cui la comunità LGBTQ nella Mosca di Putin, la situazione politica e sociale in Kazakistan sotto il controllo di Nazarbayev, e il problema dell’eroina in Kyrgyzistan.
Nel 2018 viene selezionato dal World Press Photo per lo Joop Swart Masterclass e, seguendo il tema proposto, svolge un lavoro sui millennials che vivono nelle provincie italiane.
Nel 2019 riceve il premio speciale For Humanitarian Photography del Comitato Internazionale della Croce Rossa al concorso Andrea Stenin a Mosca.
Dal 2018 lavora a Forgotten Guerrero, un reportage sulla guerra della droga nello stato messicano di Guerrero con cui ottiene il riconoscimento del Visa d’Or Humanitarian Award ICRC nel 2020 al festival di fotografia Visa Pour l’Image.

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